Secondo l’Ente previdenziale per i soci lavoratori di S.r.l. la base imponibile, fermo restando il minimale contributivo, è costituita dalla parte di reddito d'impresa dichiarato dalla S.r.l. ai fini fiscali ed attribuita al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili, prescindendo dalla destinazione che l'assemblea ha riservato a detti utili, e, quindi ancorchè non distribuiti ai soci (Circolare n. 32/1999).
Il Tribunale felsineo ha accolto la domanda del ricorrente annullando l'avviso dell'INPS “poiché l’imputazione di reddito per trasparenza, è una mera fictio giuridica, cui non corrisponde un reddito reale della persona fisica cui tale reddito è imputato “per trasparenza”, nei casi, come il presente, in cui la somma in questione sia rimasta nella sfera giuridica di un soggetto giuridico distinto e diverso dal ricorrente medesimo … Ne consegue che applicando correttamente i principi di cui all’art.1 della Legge N°233/1990, tale reddito, almeno fino al momento della sua effettiva distribuzione, non può generare obblighi contributivi, in quanto è reddito di impresa, la cui disponibilità rimane in capo alla srl fino al momento della distribuzione ai soci, con la conseguenza che tale reddito potrebbe anche, astrattamente, essere distribuito ad un socio diverso dal ricorrente, come nel caso di cessione in futuro, delle quote sociali senza assegnazioni precedenti”.
Non resta che attendere che altri Fori confermino tale nuova prospettiva: la corretta applicazione della normativa renderà meno gravoso, e meno odioso, l'onere della doppia iscrizione contributiva del socio-amministratore e nondimeno consentirà la proposizione di istanze di rimborso con riferimento ai contributi versati, per la parte eccedente il minimale, calcolati sull’utile di impresa non distribuito, e quindi non percepito dal socio.